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"Lo spessore progettuale di questi versi sembra dirigersi in modo compatto verso una implicita contestazione del canone. Contro l'attitudine alla riconferma di un compito consolatorio della poesia, Gilberto Isella sembra inasprire i caratteri di alterità di quello che in tempi non lontani poté essere un discorso affrancato e orgoglioso, con la sua essenza di luogo di custodia della contraddizione, dell'apertura di una parola contro. Qui il discorso si arma, e letteralmente confligge, contro quel senso comune che da molte parti si vorrebbe fosse il collante convenzionale e trasversale che unisce il male e il bene, il buono e il cattivo." (Giorgio Luzzi)